Quali sono i veri confini della Romagna?

Che la Romagna sia una entità diversa dall’Emilia quasi tutti lo sanno e lo certifica quel trattino incluso nella denominazione ufficiale Emilia-Romagna. Un trattino spesso dimenticato, ma al quale in Romagna si tiene parecchio. D’altronde nessuno potrebbe negare che la Romagna sia una realtà differente, con un proprio dialetto e proprie tradizioni storiche, culinarie e di costume. Ma proprio a questo punto inzia la questione: chi è romagnolo e chi no? Dove inziano e dove finiscono i confini di questa terra?

Amministrativamente non esiste, se non come parte della regione Emilia-Romagna e si è soliti fissarne i confini con il territorio compreso amministrativamente nelle province di Forlì-Cesena, Ravenna e Rimini. Tuttavia è da secoli che gli abitanti di questa porzione di territorio vengono chiamati “romagnoli” e da lungo tempo si dibatte sui limiti geografici di questa terra.

Già in epoca medievale la Romagna era considerata una regione a sé stante. Dante Alighieri, che conosceva la Romagna (dove morì ed è sepolto) quanto la natia Toscana ne indicò i confini in un verso della Divina Commedia (Purgatorio 14,91): “tra ‘l Po e ‘l monte e la marina e ‘l Reno”. Centinaia di documenti papali in quei decenni nominano la Romagna come regione amministrativa e uno scritto del 1371 ne elenca le città appartenenti includendo anche Bologna e Ferrara.

Non stupisce come la Chiesa volesse includere queste due città nei confini della “Legazione di Romagna”, visto che essa segnava il confine delle sue terre ed ovviamente includerle significava per Roma riaffermarne l’appartenenza allo Stato della chiesa. Tuttavia bolognesi e ferraresi, almeno ad oggi, non si sentono e non vengono considerati romagnoli.

Come tutti i confini anche quelli della Romagna sono discutibili. Diversi storici e geografi si sono lanciati nell’impresa di stabilirli precisamente, utilizzando come fonte principali non solo i limiti fisici (monti, fiumi, ecc) ma soprattutto quelli linguistici, individuanto le zone dove si parla il dialetto romagnolo o un dialetto misto (spesso con elementi marchigiani e toscani) ma ritenuto prevalentemente romagnolo.

Tra questi studiosi il principale è Emilio Rossetti che, nel 1894, pubblicò un libro (La Romagna, geografia e storia) nel quale si certificano i confini fisici della regione e se ne fissa per l’estensione totale in 6.380,6 Km. Oggi i confini di Rossetti sono considerati quelli giusti dal punto di vista cartografico e sono capaci di regalare un po’ di sorprese, rivelando come una parte del territorio romagnolo sia stata inclusa non solo nella provincia di Bologna (e quindi in territorio emiliano), ma anche nelle regioni confinanti Marche e Toscana.

Tra le città ritenute a pieno titolo romagnole ma incluse in terra “straniera” la più grande è senza dubbio Imola, i cui abitanti si ritengono romagnoli al 100%. Il confine naturale tra Romagna ed Emilia è infatti ritenuto il fiume Sillaro, ciò che sta ad est del suo corso (inclusa la città di Dozza) è ritenuto all’interno della Romagna, mentre le città appartenenti alla sua sponda occidentale, a partire da Castel San Pietro Terme, rientrano nell’Emilia.

Lo stesso vale per i comuni della cosiddetta “Romagna toscana“, che da sempre si ritengono romagnoli pur essendo stati inclusi nelle province di Arezzo (i comuni di Badia Tedalda e Sestino) e di Firenze (Fiorenzuola, Marradi, Palazzuolo sul Senio, Borgo San Lorenzo e San Godenzo).

E i confini morali della Romagna andrebbero rivisti anche a sud, laddove il romagnolo è il dialetto originario ben oltre la città di Cattolica, ultimo comune prima della regione Marche. Sono 12 i comuni della provincia di Pesaro-Urbino che la geografia fisica include nel territorio romagnolo: Auditore, Carpegna, Gabicce Mare, Gradara, Macerata Feltria, Mercatino Conca, Monte Cerignone, Montecopiolo, Monte Grimano Terme, Sassofeltrio, Tavoleto ed infine Tavullia, la città natale del campione di motociclismo Valentino Rossi: qualcuno potrebbe mai avere dei dubbi sentendolo parlare?


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